Page 28 - RIVISTA NOIQUI AGOSTO 2023

fRAncEscO D’AngIO’
ROCCO SCOTELLARO, LA GENTILEZZA DELLA TERRA
E L'ANTICA IRA DEI GIUSTI.
Capita di frequente, per chi percorre le strade della poesia, strade spesso senza argini, di imbat-
tersi in una domanda che assume connotati impropri, ovvero “a che serve la poesia”, l'inutile
poesia che non ha mai fatto male a nessuno, come se si dovesse cercare una concretezza al
sublime, anziché il contrario. Ogni nostro quotidiano gesto, ogni nostro pensiero, è giudicato
dalla poesia nella misura in cui da essa irrimediabilmente se ne allontana, concedendosi in ma-
niera totalitaria alla sola legge e logica del profitto.
Dunque la poesia è fondamentale nella sua impalpabilità, scavando nel profondo quelle fon-
damenta che sostengono il nostro essere alle prese con le contraddizioni dell'esistenza, fonda-
menta che riescono a reggere e a volte nobilitare il peso di tale esistenza, soltanto quando ne
respiriamo a pieni polmoni, la sua “aria concreta”.
In questo nostro tempo immanente, così massicciamente privato di quegli aspetti antichi che
fanno, o dovrebbero fare, nell'essere umano, una distinzione di specie nel senso più alto e no-
bile, ovvero la gentilezza e la comprensione verso i propri simili, potremmo indicare proprio
nella mancanza di poesia la causa di tale privazione, e senza timore di essere smentiti. Il venir
meno di tale nutrimento poetico, annulla quella predisposizione d'animo nella quale si dovreb-
bero rendere espliciti i su citati atteggiamenti. Arrendersi all'idea che l'integrità morale debba
considerarsi soltanto come una eccezione alla regola del sopruso e dell'inganno, è mancanza di
poesia più di quanto si possa immaginare.
Dopo tale premessa, possiamo dunque identificare in Rocco Scotellaro, a cento anni dalla sua
nascita avvenuta il 19 aprile 1923, una nascita di umili origini, figlio com'era di un ciabattino e
di una casalinga, che però sapeva leggere e scrivere, il prototipo del poeta e allo stesso tempo
dell'idealista che dà voce concreta ai più deboli, incarnando l'idea “gramsciana” dell'intellettua-
le.
Il poeta Rocco Scotellaro con le mani sporche di terra, che lotta in prima persona insieme ai
contadini della Basilicata, i contadini di Tricarico, il suo paese nativo, una lotta per i sempre ultimi,
gli indifesi. Non solo il poeta ancestrale che connota liricamente la cultura contadina.
Si provi ad immaginare oggi, una personalità con l'integrità morale di Rocco Scotellaro, si pro-
vi soltanto a collocarla nella nostra stringente attualità, e si potrà comprendere quanto grande
sia stata la sua parabola di vita e quanto ancora lo sia; quasi un alieno se confrontato con una
1 mediocrità (e una disonestà) divenuta cifra stilistica dell'agire politico, fatte salve le rare ecce-
zioni che la storia ci ha consegnato.
Eppure a Rocco Scotellaro, per un lungo periodo di tempo, è stato riservato un quasi oblio,
nella nostra memoria egli ha occupato un posto marginale, quando si è trattato di svolgere
il compitino minimo della classificazione culturale e storica. Frettolosamente indicato come
“neorealista”, collocato in un ristretto ambito geografico meridionale e finanche rimosso dalle
pagine dei manuali.
Ma questo tentativo incomprensibile di voler ridimensionare o addirittura relegare la figura po-
etica di Scotellaro ad una territorialità minima e marginale, rappresenta proprio ciò che il poeta
ha combattuto nel corso della sua breve vita terrena.
Ridurlo alla sola definizione di poeta contadino, è quanto di più ingiusto ci possa essere nei con-
fronti dell'uomo e dei suoi ideali assoluti, condotti con temerarietà ed intensità in un tutt'uno
con il suo essere poeta, per una simbiosi tra politica e cultura che si configura come un raro
esempio virtuoso.
Egli non aveva nulla in comune con quella immagine folcloristica di cantore del mondo buco-
lico, entro la quale si è pensato di relegarlo, perché Scotellaro è stato ed è uno studioso attento
della produzione poetica che lo ha preceduto, riversando il suo sapere ed il suo lirismo nel suo
mondo e nelle sue radici. Perfino Montale ebbe a riconoscere il valore delle liriche di Rocco
Scotellaro. Un valore che ha la sua profondità nella famiglia, nel senso della condizione umana,
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nella presa di coscienza di ciò che vuol significare la vita e la morte, per perseguire ciò che è
saggezza e felicità.
Obiettivi che anche il mondo contadino può elaborare e raggiungere in piena autonomia.
Ed ecco dunque l'altro aspetto indissolubile del poeta emergere con forza, in difesa di coloro
che storicamente hanno sempre visto calpestati i propri diritti, una difesa senza riserve, vibrante
ed alta, per un senso di appartenenza a quella società contadina, rivendicato con orgoglio.
E questa difesa forte e vibrante, nel nome di coloro che hanno perso la vita credendo nella pos-
sibilità di un futuro migliore, la ritroviamo nei versi di una poesia che Carlo Levi definì come la
“Marsigliese contadina”,
Sempre nuova è l'alba
Non gridatemi più dentro,
non soffiatemi in cuore
i vostri fiati caldi, contadini.
Beviamoci insieme una tazza colma di vino!
che all'ilare tempo della sera
s'acquieti il nostro vento disperato.
Spuntano ai pali ancora
le teste dei briganti, e la caverna -
l'oasi verde della triste speranza -
lindo conserva un guanciale di pietra...
Ma nei sentieri non si torna indietro.
Altre ali fuggiranno
dalle paglie della cova,
perché lungo il perire dei tempi
l'alba è nuova, è nuova.
È chiara l'intenzione di questi versi, di far emergere la volontà delle masse contadine, che unen-
dosi ai fenomeni del brigantaggio e delle insorgenze, intendevano porre in atto la possibilità
di modificare la propria condizione per un cambiamento che significasse innanzitutto crescita
sociale. Nulla a che vedere quindi con la falsa propaganda di una violenza fine a sé stessa messa
in atto solo per opporsi ai tentativi di progresso. Una propaganda diffusa da quella borghesia
incapace (o in mala fede) di cogliere dette istanze di cambiamento. Un atteggiamento reaziona-
rio portato avanti da chi auspicava di continuare ad esercitare un potere di controllo sui soggetti
più poveri e degradati della società.
Il poeta Scotellaro si muove di pari passo con il politico Scotellaro, innalzando gli ideali della
solidarietà, del lavoro, e della rieducazione morale. Ma per fare tutto ciò bisogna inevitabilmente
partire dall'istruzione delle masse, bisogna lottare contro l'analfabetismo, per rendere autonomo
chi è stato sempre soggiogato. Questo gli assicura il consenso della sua gente, gente in grado
di trovare al proprio interno ed in piena autonomia, la capacità di rinascere sviluppando nuove
iniziative che possano favorire un aumento delle possibilità lavorative. Scotellaro politico è pie-
namente consapevole di questa autonomia d'azione senza snaturare i legami sociali, mobilitan-
dosi insieme ad intere famiglie verso quelle terre da occupare rivendicando diritti fino ad allora
calpestati. Mobilitazioni divenute poi tragedie a causa della reazione inumana del potere, come
nei casi di Portella della Ginestra, Melissa, e Montescaglioso, dove la morte del giovane Giusep-
pe Novello ispira al poeta i seguenti versi,
“Cammina il paese tra le nubi, cammina/ sulla strada dove un uomo si è piantato al timone/ all'alba quando
rimonta sui rami/ la foglia perenne in primavera”.
Rocco Scotellaro, dopo aver interrotto gli studi in giurisprudenza in seguito alla morte del padre
e alla necessità di far ritorno al suo paese d'origine, prende la tessera del partito socialista nel '43,
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