Page 93 - RIVISTA AGOSTO 2024
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rientrata a casa, aveva posato la boccetta sulla mensola del bagno ed era rimasta a guardarla a
lungo. Due lacrime e un amaro sorriso, sempre con quell’odore di gelsomino addosso.
Ginevra ricordava benissimo il giorno in cui Paola aveva convocato la famiglia nel grande salone
di casa per dire che voleva il divorzio. Riccardo si era limitato a scrollare le spalle. In fondo era
cresciuto tra moto, fidanzate e serate in discoteca. Aveva un buon lavoro e una donna da sposare,
gli importava poco che i suoi genitori, ormai “anziani” si separassero. Per Ginevra invece era
stato un colpo durissimo. Senza suo padre, e con i nonni ormai avanti negli anni e incapaci di
arginare il male di vivere di Paola, sarebbe stata lei la vittima da sacrificare.
Gino intanto era rimasto solo. L’imprenditrice era morta in un incidente stradale, lasciandolo
immensamente ricco e libero di ricominciare con una figlia che ormai viveva in Giappone.
Adesso per Paola non c’erano più ostacoli o quasi: prima bisognava far fuori il marito mai amato
e Ginevra. E così fece.
Ginevra capì che nella casa di famiglia sarebbe rimasta sola. Riccardo aveva la sua vita. Suo
nonno era prigioniero in un letto, per una malattia irreversibile, con la moglie di una vita a fargli
da infermiera a tempo pieno. Paola, egoista e non curante di nulla, già amoreggiava ogni notte
al telefono con Gino. Per Ginevra l’unica soluzione era fare le valigie. Sarebbe andata da suo
padre, almeno finché entrambi non avessero trovato una soluzione. Portò con sé il profumo che
una notte aveva rubato dal bagno rosa e poche altre cose.
«Mamma, io vado da papà, è giusto che tu riprenda la vita che ti hanno negata. Ti auguro
ogni bene».
Suo padre l’aspettava.
Paola iniziò a convivere con Gino, poi lo sposò. Al matrimonio, organizzato in pompa magna,
si presentò Ginevra, ma non Riccardo. Paola lo perdonò, ma in compenso continuò a odiare
Ginevra. L’aveva detestata fin da piccola perché era come il suo primo marito. E ora continuava
a farlo perché incarnava quel modello di donna che lei non era mai riuscita ad essere.
Ad accomunare madre e figlia era solo quel profumo. E il giorno delle seconde nozze se l’erano
messo addosso entrambe.
A Paola non dispiacque affatto che il matrimonio di Ginevra naufragasse in pochi anni. Voleva
prendersi Giorgia, la figlia di sua figlia, per riempire il vuoto di una bambina che Gino non le
aveva potuto dare. Sapeva di essere troppo anziana per averne un’altra. E poi Ginevra era una
donna in carriera, piena di impegni, ma troppo esile e cagionevole. Anche su di lei, s’era posata
l’ombra della malattia, che le divorava dall’interno le fibre, impendendole una vita normale. Un
fulmine a ciel sereno che aveva distrutto i suoi sogni e le fondamenta di una famiglia appena
abbozzata. A casa i soldi non bastavano mai, Ginevra e Marco litigavano di continuo, finché lei
decise di mollarlo. E in più continuava a peggiorare.
Fu allora che Paola decise di intervenire.
«Lascia Giorgia a me. Noi siamo i suoi nonni, le vogliamo bene, ce ne prenderemo cura. Tu
sei una donna ammalata, non puoi farcela da sola».
Ginevra, pur a malincuore, si fidò. Ma non immaginava che Giorgia l’avrebbe persa. E per
chissà quanto.
Paola voleva ricostruire il nido che le era stato negato dal destino, dalle legnate a sangue, dal
collegio, dall’imprenditrice, dal primo matrimonio andato male. E nulla gliel’avrebbe impedito.
Nemmeno sua figlia. Certo, Giorgia non l’aveva partorita. Ma ora era proprio Ginevra a offrirgliela
su un piatto d’argento. Sarebbero stati solo lei, Gino e la nipotina che considerava sua.
Quando Ginevra capì l’inganno era troppo tardi. Si andò a processo e Paola si schierò contro
di lei. E Giorgia venne affidata a Marco. A consolare Ginevra era rimasto solo l’amore di suo
padre, ma anche la promessa di raccontare un giorno a sua figlia la verità.
Finché Paola morì. E venne il tempo di tirar fuori la storia tenuta segreta per decenni. Per
farlo, Ginevra prese il profumo che le ricordava tanto sua madre e riempì la casa con quell’odore
sacro e doloroso, e tutte le parole del mondo che sul foglio bianco divennero carne viva. Voleva,
doveva scrivere, raccontare la verità. Lo doveva a sé stessa ma anche a sua figlia. Chiudere il
cerchio. Provare a perdonare. Chissà forse un giorno ci sarebbe anche riuscita.
periodico mensile del gruppo NOIQUI 93