Page 59 - RIVISTA NOIQUI MAGGIO 2024
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GIUSY CILIBERTI

 E              Mi chiamo Flint



 S              Dice che son misteriosa creatura


 S              di dolcezza infinita,
                la mia cara compagna di vita.

 E              Ella, che dalle orecchie mie
                carpisce anche il flebile suono
 R              d'un remotissimo tuono



 E              nel mio passo felpato
                coglie lieve la neve

                posarsi sul verde d'un prato.

                Tocca sete d'oriente,
 N              il sole nascente e l'incanto carezzando leggera


 O              il mio manto
                Lisciandomi le vibrisse

 N              s'appropria d'equilibri
                che credeva smarriti.




                L'ammaliante richiamo delle sirene di Ulisse
 A              coglie nel miagolio modulato


 P  CARMELA LARATTA      sotto quelle vibrisse...

                M'ha dato un nome
 P  Sono donna a metà ,_ io te lo dissi_,  non casuale che a pronunciarlo
 residuo abulico di un vivere segnato
 A  dove ogni foglio si ritrovò di schiena  pare una madrigale
                il suono magico d'un tocco

 R  in un castello inchiostrato di mancanze.  limpido sul bicchiere di cristallo
 Le delusioni, a forma di gran stele,
                per allietarsi il cuore
 I  riuscivano a toccare nembi chiari,

 e da quel palpito crollavano di pietra,
 R  quando l' attesa del mondo era tsunami,  Mi chiamo Flint,
                "pietra focaia" e l'ho tramortita

 E  e mentre ardevo, smottava giù a torrenti  con la dolcezza del mio amore!
 la rassegnata mestizia, a punizione
                Essendo me stesso
 di quanta lingua volesse ogni parola  e nulla di più,
 Io, quei lapilli, me li bevvi sola  conscio del mio potenziale

 Entravano per forza, e non volevo;  e di ciò che mi fa bello:

 restava il brullo arpione a segnaposto,  l'umanità dell'istinto animale.
 ma i ganci miei erano fatti a cuore,

 e nel mio tempo, il cuore soffocò.  Son "miciuzzo" è proverbiale!

 Luna, che sei di guardia questa notte,  Tenerissimo e...geniale!
 tu lo conosci il giuramento dell'arranco  Un miracolo ancestrale.

 quando lui, uomo, mi chiamava scheggia.

 Da quella volta, io, non frano più.
                               DECLAMAZIONE



 DECLAMAZIONE



















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