Page 22 - RIVISTA NOIQUI MAGGIO 2024
P. 22

non vi era in lui nessuna rivolta verso la società, ne era fuori e non contro. Voleva essere notato

               nella sua lontananza, lasciato nella pace della poesia dove soltanto riusciva a tenersi distante dai

               suoi mali e dal tempo che lo sfigurava, che lo faceva apparire come in un sogno dimenticato.
               Ed era tutt’uno con i suoi versi, scritti in modo frenetico e senza soluzione di continuità, quasi

               a voler dimenticare quell’altra vita, la sua vita. La mole di scritti di Lorenzo Calogero è ancora

               in larga parte da studiare in modo approfondito, rimediando all’errore grossolano di ricondurre

               il tutto al “fenomeno” romanzato post mortem, sintetizzando l’opera del poeta in maniera
               superficiale, un’opera che ha una sua complessità sotto più punti di vista, sia per ciò che riguarda

               i contenuti che la forma, i suoni, i colori, i vari toni usati che variano nei diversi stati d’animo

               riassunti in un’unica “angoscia del vivere”.
               Povere cose miracolose che sono le cose dei poeti, è riportato sulla sua lapide, così come da egli stesso

               scritto, le povere cose miracolose dei poeti, quelle che avvengono quando il poeta muore e per

               miracolo rinasce a nuova vita, la vita di cui si appropriano coloro che hanno esercitato quell’oblio
               così generosamente riversato sul capo dell’incomprensibile poeta del Sud, o semplicemente

               sul capo “dell’uomo non adatto ai salotti buoni della cultura dominante”. Eccolo, dunque, il

               miracolo che va sempre di moda, e tutti o quasi a portarci la buona novella di quelle parole così
               elevate, che chissà per quale cattiva sorte, ci erano sfuggite.




               Come in dittici

               Si confonde questo meraviglioso plenilunio



               Lo spazio concavo era

               una meravigliosa uccelliera,
               dove a un nido, ad un bacio ignorato

               fluivano meravigliosi i fiumi,




               di cui vedevamo la meraviglia da lungi
               nel nostro silenzio c’era fame




               CLXVII



               e sembra un sogno, ma non ho nessuno.

               O anima, o madre dei poeti
               e al tuo benigno regalo, io poveruomo,

               forse nessuno. E languisco nelle tenebre

               che mi ha lasciato il tuo smaltato
               smalto; io due volte, pronto,

               sul punto di uccidermi e anche questo

               mi assale in dubbio. I detriti potranno fare

               povere cose miracolose e questo mi sale
               al labbro, ove io avevo un punto povero

               un punto povero di poeta...









               CLXVIII

                                                                                                                                                                                                                                SIMONE BILANCIA
               ...come era desto il mattino e in fiore

               sulle tue labbra...



               (Da Quaderni di Villa Nuccia)




                22   periodico mensile del gruppo NOIQUI                                                                                                                                                                                       periodico mensile del gruppo NOIQUI                            23
   17   18   19   20   21   22   23   24   25   26   27