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Loredana Abatini
non vi fu un Carabiniere fascista nel 1922, non vi fu un Carabiniere antirepubblicano (come
ARMA DEI CARABINIERI voleva insinuare la polemica interessata) nel 1946. Il proclama del 13 giugno del Re Umberto II,
UN’ECCELLENZA DEL NOSTRO PAESE scioglieva dal giuramento l’Arma fedelissima che
(prima parte) fu l’ultima nel cortile del Quirinale a rendere l’ultimo onore e l’ultimo saluto al Sovrano come
l’aveva reso a Vittorio Emanuele I.
Il prossimo 5 giugno ricorrerà il 210°anniversario della fondazione dell’Arma dei Carabinieri I Reali Carabinieri diventavano, così, i “Leali” Carabinieri, continuando al servizio della Patria il
“13 luglio 1814”, voluta da Vittorio Emanuele I. loro compito ultrasecolare. Non cercheremo di definire, di precisare un simbolo nel quale dopo
I Carabinieri, dunque, esistono da prima della Nazione unitaria, precedono l’Italia. 210 anni identifichiamo lo Stato, la Patria. La natura dei simboli non si precisa, senza alterarne
Vittorio Emanuele I scriverà: “Abbiamo tra gli altri nostri provvedimenti, determinato d’ordinare, il disegno delicato. Sappiamo soltanto che esso rappresenta ciò che deve durare, sappiamo
in vigore delle nostre Regie Patenti delli 13 luglio 1814, la formazione del Corpo dei Carabinieri ch’esso riassume una delle poche, ultime e genuine leggende create dalla vita nazionale attorno a
Reali, vale a dire di un corpo di militari scelti i quali, oltre all’onore di contribuire alla difesa un’entità viva e operante come l’Arma dei Carabinieri. Sappiamo ch’essa, l’Arma, come realtà e
dello Stato e di servire in maniera distinta presso la Nostra Persona in tempo di guerra, avessero come forza esiste ormai da oltre due secoli “intatta” ed è destinata a continuarsi e si continuerà.
campo di dar prove di valore e di saviezza nel prevenire i disordini e contenere in dovere i
turbolenti ed i facinorosi in tempo di pace”. Più tardi, Vittorio Emanuele I, scriverà ancora:
“Sarà una delle speciali vostre sollecitudini il vegliare e il far vegliare sulla condotta e costume
di tutti i vostri subalterni, non tanto perché questi con la massima integrità, attività, segretezza
e prudenza esercitino il loro impiego, quand’anche perché il loro tenore di vita sia conforme a
quello ch’essi debbono promuovere e conservare negli altri, onde il loro esempio stesso, serva
di incitamento al buon costume”.
Si voleva imprimere nell’animo dei Carabinieri il saldo concetto di una individualità particolare
che non fosse nei militari degli altri corpi. Si volle, in sostanza, formare il soldato della legge,
sempre serio, sempre severo con sé e con gli altri, dotato di un’austerità a tutta prova e ispirato
costantemente al concetto di essere parte di un Corpo eletto sul quale l’autorità sovrana posava
incessantemente i suoi sguardi. Quest’Arma nasceva quasi come una categoria astratta, prima
di tutto come un principio nato per tutelare le cose materiali ma soprattutto l’osservanza di una
superiore legge morale. L’uso della parola Arma, compare per la prima volta nei documenti
riguardanti i Carabinieri nel 1822 ma è inteso, soprattutto, nel senso quasi sacerdotale di “milizia”.
Infatti, bisognerà attendere sino al 1861 perché nell’Italia già dichiarata unitaria, il Corpo dei
Carabinieri Reali assuma la denominazione di Arma. Negli anni precedenti e in quelli seguenti
la parola vorrà indicare in senso preminente un rafforzativo dell’idea dello Stato come categoria La carica di Pastrengo del pittore Sebastiano De Albertis
superiore e sovrana, fonte del diritto e regolatrice della condotta morale. È notevole nella natura
specialissima di quest’Arma come il primitivo impianto etico-morale si sia mantenuto intatto, Loredana Abatini
inalterato, persino rafforzato nel contatto con gli avvenimenti in evoluzione. I Carabinieri entrano
nella storia italiana in un momento di acuta crisi. Sarà una loro caratteristica quella di trovarsi
coinvolti (appunto per il posto di assoluta preminenza tra le forze armate dello Stato) in tutte
le grandi e grandissime crisi, della storia della futura nazione unitaria. Il “momento particolare”
del loro comparire sulla scena dei grandi avvenimenti viene considerato dalla storiografia più
seria anche come il punto di partenza del lungo e complicato processo formativo dell’unità
nazionale. In altri termini la leggenda popolare del Carabiniere fiorirà nella grande stagione del
Risorgimento. I tempi sono ancora acerbi, le implicazioni rivoluzionarie del 1821 e del 1834
confermano ancora una volta la sostanza supremamente morale di questa singolare Arma. I
Carabinieri mostrano la facoltà (in quei tempi e ancor oggi assai rara) di trovarsi, nel corso dei
decenni, al giusto crocevia, nella giusta coincidenza del Diritto e del Dovere. Questa leggenda si
rafforzerà sempre più nel tempo con memorabili ed eroiche gesta collettive e individuali. Nella
storia dell’Arma dei Carabinieri ricorrono alcuni momenti critici. Il primo, lo abbiamo visto,
nel 1821. I Carabinieri scortano verso l’esilio di Nizza il mite e vecchio Vittorio Emanuele I
e di fronte ai moti di Torino si trovano a dover scegliere tra legalità del potere e sollecitazioni
rivoluzionarie. Quella crisi si ripete, o ricorre, nell’ottobre del 1922 e, infine, nel 1946. Le soluzioni
trovate o avveratesi si somigliano tutte. Come rappresentante del principio permanente della
legalità e dello Stato, il Carabiniere è una forza etica, uguale e costante che rifiuta i mutamenti
e gli adattamenti contingenti. Non vi fu un Carabiniere federalista o santa rosiano nel 1821,
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