Page 24 - RIVISTA NOIQUI MAGGIO 2024

YuLI CRuZ LEZCAno
“HO LETTO CHE NON MUOIONO LE ANIME”
(articolo di Yuleisy Cruz Lezcano)
Dopo avere letto la poesia di una donna, ho cercato ovunque il suo nome e una grande sorpresa
mi è apparsa davanti agli occhi, in tre lingue diverse l’autrice aveva un diverso nome d’arte. Ogni
lingua dava una nuova interpretazione al suo nome Anna Achmatova (23 di giugno 1889- 5
marzo del 1966) in italiano, Ana Ajmátova in spagnolo, Anna Akmatova in inglese e, in russo?
Non conoscendo la lingua madre dell’autrice ho dovuto fare un copia incolla del suo nome
per riportarlo in questo articolo Анна Андреевна Ахматова, poi che importanza ha un nome
prima dell’ultimo brindisi? Ed è così che si chiama questa poesia letta in varie lingue “L’ultimo
brindisi”.
Sinceramente non ricordo in quale luogo dello spirito ho letto questa breve poesia, in quale
mercatino in Italia o in qualsiasi parte del mondo ho girovagato… mi sono imbattuta in questa
poesia e ho trovato tanto di mio. La verità è che Ana Achmatova con la poesia “Ultimo brindisi”
era lì, religiosamente silenziosa, e questa è arrivata tra le mie mani, portata dalla traduzione di
José Luis Reina Palazón, uno studioso, traduttore e poeta spagnolo.
Evidentemente un giorno, qualche anno fa, ci siamo guardati nello stesso specchio di questa
poeta russa. Questa poeta tradotta in varie lingue, è stata tradotta da Belén Ojeda con “La liebre
libre”, della quale lascio scorrere queste parole presenti in una nota inserita oggi come parte di
un libro: “Una voce densa contiene il dolore. Un respiro sordo riempie lo spazio dove il pianto
si placa nel silenzio. Anna Achmatova, sconosciuta e distante, rude e tenera, nel mezzo di una
diabolica persecuzione...”
Dopo anni la leggo anche in italiano e vi confesso che non è cambiato nulla da quella prima
lettura, solo che questa volta le traduzioni che ho trovato danno una certa durezza alla poetica
di Anna. Anche questa durezza avvicina un po’ di più l’autrice ai lettori, poiché rivela l’atmosfera
di chi ha sofferto i rigori di un lungo processo rivoluzionario che si è concluso –. come tutti gli
altri – in molestie, torture e morte.
Il poema, scritto in prima persona, è ricco di dettagli di una vita che conobbe il freddo delle
steppe e la desolazione dell’esilio.
Brindo alla casa in rovina,
per la vita sciagurata,
per le solitudini vissute in due,
e anche per te-
per la menzogna di labbra traditrici,
per il morto gelo dei tuoi occhi
per un mondo crudele e rude,
Per Dio che non ci ha salvato.
Achmatova scrisse sempre in tono d’addio. Il segno lasciato da questa poesia imprime delle tracce
e riapre ferite a tutti coloro che sono stati vittime del tradimento, dell’oblio e della lontananza.
Ecco perché non è facile leggere il dolore, tanto meno quello che si somma all’abbandono di
Dio, al trattamento “crudele e rude” del mondo. Questa poesia riassume l’universo poetico, la
vita di questa donna che è vissuta e morta molto intensamente.
Perseguitata dallo stalinismo più feroce, formò una squadra sofferente con Ossip Mandelstam
e Boris Pasternak. Quelli di noi che l’hanno letta anni fa si rammaricano di non averlo fatto
prima, ma questa era la poesia clandestina sovietica, un suono congelato nella sua stessa eco
dalla mano ferrea di una dittatura tanto stupida quanto palesemente bugiarda. Gli “occhi freddi
della morte” erano anche lo sguardo delle statue dove riposava il delitto del “piccolo padre”
Josif Stalin.
24 periodico mensile del gruppo NOIQUI
Nata vicino a Odessa, in Bolshoi Fontan, il 23 di giugno del 1889, con il nome Ana Andreievna
Gorenko, pubblicò la sua prima raccolta di poesie all’età di 17 anni sotto pseudonimo, visto che
i poeti non erano ben visti, poi successivamente all’età di 23 anni pubblicò il suo primo libro
di poesie “Il pomeriggio”. Trascinata nella maledizione dallo sguardo permanente del “grande
fratello”, suo marito, il poeta Gumilev, fu accusato di essere un controrivoluzionario e messo
a morte. Molti dei suoi colleghi e amici letterati subirono l’epurazione scatenata dalla “Grande
Rivoluzione d’Ottobre”. I gulag si nutrirono della sua carne eccessivamente sensibile. In quel
crudele secolo che le toccò vivere, la sua anima subì profonde lacerazioni e l’umiliazione più
grande che può subire un poeta, la censura. La sua voce fu successivamente azzittita e con grande
dolore la poeta vide cadere i suoi amici uno dopo l’altro, fucilati o deportati. Lev, suo figlio, fu
arrestato e dopo una serie di ingiustificate e assurde accuse, fu deportato per ordine di Stalin
in Siberia. Così dalle azioni di Anna sarebbe dipesa la vita di suo figlio. Il freddo di Leningrado
non ebbe clemenza della sua sofferenza e della sua attesa e per paura Anna finì bruciando tutti
suoi scritti che potessero in qualche modo comprometterla.
Quella che è considerata la sua opera maestra il libro Requiem (1935-40) appare nel 1963, è
proprio in questo libro che è contenuta la poesia “L’ultimo brindisi”, in cui vediamo il motivo
di tanto dolore. Bisogna dire che questo non è stato pubblicato nella vecchia URSS fino al 1987,
ma sotto il mandato di Gorbaciov, nonostante in Germania circolasse già da tanti anni.
Nel 1964 la poeta viaggiò in Italia dove gli venne assegnato il Premio Internazionale di poesia e
nel 1965 fu nominata dottore honoris causa dall’Università di Oxford.
“Brindo alla casa in rovina.” Il Paese – il suo Paese – era quella casa, vessata dalle grinfie di un
potere insensato. Vicino alla capitale, a Domodedovo, Achmatova morì nel 1966. Il suo spirito
cominciò a viaggiare per il mondo, con disappunto dei dinosauri di quel processo che si concluse
in un mucchio di parole vuote, che non hanno riabilitato la vita di esseri umani distrutti.
Questo brindisi, tanto amaro quanto pieno di speranza, ci sta molto a cuore. Ci rende complici
della vita che questa donna ha sofferto, e ci trascina fino alla riva dove il sangue si è fermato per
non macchiare le acque di un fiume immaginario.
In quest’ora di cielo coperto, scrivo questa nota per ricordare questa donna che ha salvato parte
del nostro universo intimo.
Requiem
1935-1940
Nessun cielo straniero
mi proteggeva,
nessuna ala strana
faceva da scudo al mio volto,
sono stata testimone di un
destino comune,
sopravvissuta di quel tempo,
di quel luogo.
(1961)
Alcuni percorrono un sentiero dritto
Alcuni percorrono un sentiero diritto,
altri camminano in cerchio,
desiderano tornare alla casa
paterna
e attendono l’amica di altri
tempi.
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