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LA VITA COME UN TEATRO?
tarlo ma giuro sui miei figli che non mi sfiorava nemmeno l’idea di fare una cosa del
genere.
Lo amavo troppo. Eh si, lo adoravo e lo apprezzavo in tutto.
Ma ero troppo orgoglioso per dirglielo.
E fu così che mi venne l’idea di impiantare il canovaccio del mio nuovo componimen-
to teatrale su questo tema.
Pensai, quindi, di scrivere tutto il testo della commedia sulla contrarietà di chi, pur
avendo tempo per accudire i genitori, decide di portarli in una casa di riposo.
Era un modo per far capire a mio padre che MAI e poi MAI l’avrei abbandonato in
un ospizio
(che lui detestava arditamente).
La intitolai: FIGLI E NEPUTE…CHELLO CH’E’ FAJE È TUTTO PERDUTO.
Impiegai diversi mesi per la stesura. Quando completai l’opera iniziai le prove. Tutto in
gran segreto e senza far trapelare alcuna indiscrezione sul soggetto della trama.
Durante le prove gli attori nuovi del gruppo si integrarono alla perfezione e l’ilarità la
faceva da padrona.
Era venuto fuori davvero un bel lavoro.
Un impegno che risulterà, successivamente, essere la mia commedia più replicata in
assoluto e anche da altre compagnie teatrali.
Un lavoro “tragicomico” che ti faceva ridere e riflettere contemporaneamente con una
morale davvero eloquente e graffiante.
Mancavano 7 giorni dalla messa in scena. Tutto era pronto. Le scenografie già ottima-
te, i cartelloni pubblicitari 6 metri x tre metri già attaccati in tutto l’hinterland napole-
tano, la Siae pagata, l’impianto luci e audio noleggiato e i teatri prenotati, “sold out”
già consumati…quando all’improvviso accadde l’inaspettato.
Qualcosa di tremendo e destabilizzante.
Insomma, ciò che di peggio c’è al mondo. Mio padre, che fino al giorno prima era vivo
e vegeto, la mattina del 29 gennaio di 12 anni fa, si alzò da letto e mentre stava andando
in bagno, colto da un infarto, cadde a terra è morì sul colpo.
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periodico mensile del gruppo NOI