Page 9 - RIVISTA NOIQUI SETTEMBRE 2021
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Dunque se la sopravvivenza è il compito primario dell'evoluzione,  cosa spinge l'essere
               umano a concepire e strutturare valori condivisi al vivere comune?
               Potremmo avanzare l'ipotesi che la struttura fisica dell'uomo,  rispetto a altre specie ani-
               mali,  non sarebbe, da un punto di vista adattivo, consona alla sopravvivenza del singolo.
               Fin dall'antichità, di fatto l'uomo ha creato piccoli insediamenti ove poter svolgere le sue
               attività (caccia, agricoltura) in gruppo, ciò avrebbe agevolato la conservazione della spe-
               cie.  In realtà ciò accade per molti gruppi animali che si strutturano in società.


               Ognuno di tali gruppi conta su una serie di regole sociali che in maniera più o meno rigida
               strutturano la piramide sociale atta alla sopravvivenza della specie.
               L'essere umano, la cui struttura cerebrale, crea miliardi di interazioni mentali ha strut-
               turato la sua attività sociale creando regole e leggi morali, sia scritte che generalmente
               accettate, al fine di migliorare la qualità di sopravvivenza della specie.


               Certo dai tempi di Sparta, quando i neonati venivano lasciati da soli di notte per testare la
               loro forza come futuri combattenti, la nostra morale è sicuramente mutata.


               Abbiamo rivestito il bisogno di sopravvivenza di valori trascendentali tali per cui, l'essere
               trascendente che è capace di autoriflessione, si fa portatore di virtù e valori di condivisio-
               ne sociale, tali per cui anche i più deboli possano avere una possibilità..
               Ma, se osserviamo la nostra società, è giusta tale ipotesi, alla base della quale si strutture-
               rebbero le maggiori correnti filosofiche e teologiche sia occidentali che orientali?


               La generosità,  la accoglienza,  la condivisione,  sono davvero valori di umanità?
               O anche essi sono soggetti alla più importante e antica formula di sopravvivenza?
               Sicuramente vivere una società più equa comporta la creazione di minori conflitti fra le
               classi, per cui vi è una maggior possibilità di sopravvivenza,  ma ciò comporta anche una
               diseguaglianza fra diverse aree geografiche.
               Ciò dipende dall'azione modificante umana sull'ambiente a favore della propria necessità
               di tutelare la vita. L'uomo, fin dall'antichità crea manufatti che lo aiutino a risolvere i pro-
               pri problemi, tanto che anche il pensiero filosofico si pone quesiti circa la  dipendenza
               della specie fai suoi stessi manufatti. Questo produce uno sfruttamento delle risorse na-
               turali dell'ambiente e una diseguaglianza fra diverse aree geografiche.
               Infatti il maggior sfruttamento di risorse, se da un lato produce ricchezza in un'area,  da
               un altro produce una notevole povertà lì ove i mezzi vengono espatriati.

               Fin dai tempi antichi la politica dello scambio di risorse primarie ha creato il principale
               motivo di scambio fra popoli lontani. Anche le scoperte di terre lontane, in parte è stato
               finanziato da tale necessità. Ma nell'ottica della difesa del proprio ceppo di appartenenza
               tale necessaria ha creato quelli che sono i conflitti sociali che per millenni hanno attra-
               versato e caratterizzato la storia del progresso sociale e tecnologico della specie umana.
               Da un punto di vista antropologico, non è raro, studiando la storia, percepire le differen-
               ze, anche da un punto di vista puramente valoriale, dell'importanza attribuita a un essere
               umano.

               È innegabile che un bambino del nord (economico) del mondo avrà maggiori possibilità



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