Page 30 - RIVISTA NOIQUI OTTOBRE 2023
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gAbRIELLA FORTunA






                                         E il vecchietto dove lo metto?



                In questa società che corre veloce, non c’è posto per i vecchi che si ritrovano soli e

                senza speranza.



                Non è vero che i vecchi sono una risorsa o, meglio, lo sono fino a quando stanno bene, fino

                a quando sono autonomi, fino a quando aiutano i propri figli, fino a quanto accudiscono i

                nipoti. Ma diciamola tutta, quando subentrano malattie e quando non sono più autosuffi-
                cienti, quando devono essere accompagnati dai medici, quando non ricordano più, quando

                deve essere cambiato loro il pannolone, ecco allora i vecchi diventano un peso e si sente

                tutta la forza della loro assenza, tutto il peso della loro età, tutto il peso dei loro problemi
                che sono poi i problemi dei figli e, per accudirli come si conviene, non ci sono figli che ba-

                stino. La scelta del vocabolo vecchio non è a caso. Il termine vuole indicare uso, logorio,
                deperimento proprio della condizione di chi si è consumato lentamente nella vita e lenta-

                mente si sono usurate tutti i meccanismi, tutte le funzioni vitali. Il vecchio non produce più.

                I vecchi, nessuno li vuole. Sdentati, dicono cose senza senso. Non hanno più un corpo, ma
                solo ricordi sbiaditi che si librano nell’aria fino a confondersi, fino a scomparire e poi si di-

                leguano mestamente. E quella memoria che appartiene all’anima, svanisce. Soli. Attendono

                soli nella loro casa la telefonata del figlio. Soli con gli occhi pieni di nostalgia per una giovi-
                nezza andata e nel frattempo aspettano. Soli, in compagnia della tv e nel frattempo aspetta-

                no. Soli, mentre mangiano e aspettano pazientemente quel figlio che appare per un fugace

                saluto e come una meteora fugge via. E cosa fa la nostra civile società, distratta e antilogica
                come non mai? Inostro moderno welfare? La condizione degli anziani è una posizione sco-

                moda, ci si arriva velocemente, difficile da accettare e non si comprende perché, dato che

                è uno stato che riguarda tutti, poco si fa per rendere questo periodo finale più agevole. Si
                pensa che il problema “vecchiaia” non arrivi mai, che riguarda solo gli altri, una condizio-

                ne lontana, per cui risulta vano e superfluo credere a dei provvedimenti mirati a garantire

                interventi idonei per assicurare un sereno giolito. L’Italia è un paese di vecchi dovuto non
                solo all’aumento dell’età media di vita, ma anche perché diminuiscono sostanzialmente le

                nascite. Lo stato sociale italiano è molto distratto e scommette poco negli anziani, non sono

                sufficientemente garantiti l’espletamento dei loro bisogni primari, lo dimostra il fatto che
                le cosiddette “residenze”, un tempo ricovero per anziani o case di riposo o ancora ospizi,

                sono strutture perlopiù gestite da privati, dal costo sostenuto e dai servizi spesso discutibili.

                Allora che ben vengano le residenze per anziani, o come si vogliono definire, che non siano
                però meri ricoveri, ma centri attivi con terapie riabilitative e momenti ricreativi, oppure che

                venga attuata e assicurata un’assistenza domiciliare proficua concreta e continua. Il riposo
                imposto dalla vita deve essere distensivo perché, non dimentichiamo, noi siamo i vecchi di

                domani. Ovidio chiosava: grande era un tempo la riverenza per il capo canuto. E oggi? In

                questo mondo sempre più tecnologicamente avanzato, il vecchio non trova la sua dimensio-
                ne, non ha un posto e anche se la trova, appare spaurito e incerto ad affrontare un mondo

                che corre per lui troppo veloce. E rimane sempre più solo. Senza sogni e senza speranze. E

                mi viene da dire che l’Italia non sia un Paese per vecchi e neanche un Paese per giovani


























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