Page 33 - RIVISTA NOIQUI OTTOBRE 2023
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fRAncEscO D’AngIO’


               La normalità è un calderone nel quale abbiamo gettato dentro le peggiori nefandezze, lascian-


 Alda Merini e la Terra Santa dei peccatori    do ai peccatori senza peccato quel cono d'ombra dentro il quale si proietta l'oscurità della
               nostra anima parallela, quella che scorre ben servita dalle giustificazioni di ogni società or-
 senza peccato  ganizzata, perché un giorno saremo migliori e quel giorno non è del nostro tempo. E quindi

               procediamo a fari spenti illuminando di tabù coloro che la massa considera diversi, strani. Per

               loro c'è dunque la “Terra Santa dove nessuno sarà salvato e la resurrezione è all'inferno, dove si può guar-
 “La poesia è stato un piano superiore in cui sono andata ad abitare nei momenti di disperazione”.  dare stupiti le mura di Gerico antica”.

 Ci teneva a precisare questo Alda Merini, ci teneva a farci sapere che la sua poesia esisteva già

 prima dei manicomi, e che forse, quei vecchi lager, avrebbero potuto sottrarcela quella sua
 poesia, se non fosse stato per la forza dell'amore che diventa assoluto e va oltre le umiliazioni

 e quel dolore che diventa assoluto anch'esso, come l'altra faccia di una stessa medaglia.  MANICOMIO È PAROLA ASSAI PIÙ

 Alda Merini nasce a Milano il 21 marzo 1931, a “primavera ma non sapeva che nascere folle, aprire   GRANDE (DA LA TERRA SANTA)
 le zolle potesse scatenar tempesta”, così come recitano i versi di una sua famosa poesia, fragile ed   Manicomio è parola assai più grande

 orgogliosa si chiedeva di che fibra fosse fatta, se di “demonio o di angelo”, trasformando in   delle oscure voragini del sogno,
 “arte la malattia mentale”. Parlando e scrivendo delle sofferenze degli altri matti, è riuscita ad   eppur veniva qualche volta al tempo

 accendere una luce di umanità là dove per anni l'umanità si era tenuta ben lontana, soppri-  filamento di azzurro o una canzone

 mendo ogni forma di dignità. Perché chi soffre di disturbi mentali non è “neanche malato”   lontana di usignolo o si schiudeva
 e non viene considerato neanche un essere umano da chi dà per normali comportamenti e   la tua bocca mordendo nell'azzurro

 pensieri che di normale hanno poco o nulla. Nel 1947, a soli sedici anni, Alda Merini incon-  la menzogna feroce della vita.

 tra “le prime ombre della sua mente”, e successivamente arriva la prima diagnosi ufficiale   O una mano impietosa di malato
 dei medici: disturbo bipolare. Siamo in pieno periodo “manicomi”, perché è così che si chia-  saliva piano sulla tua finestra

 mavano, o in maniera più professionale ed asettica, “ospedali psichiatrici”, oppure, in modo   sillabando il tuo nome e finalmente

 più “dolce”, case di cura, e quel che attendeva queste anime marchiate di dannazione e fuori   sciolto il numero immondo ritrovavi
 dalla grazia di Dio, era la repressione e il contenimento in quelle strutture disumane, ove mai   tutta la serietà della tua vita.

 la definizione di “umano” sia quella da prendere come riferimento positivo, considerata la

 storia ed il percorso della nostra umanità.
 Alda Merini la sperimenta quasi tutta questa umanità di riferimento, la sperimenta prima

 come figlia (ha un difficile rapporto con la madre che non ne incoraggia la sua propensio-

 ne allo studio ma la vorrebbe soltanto dedita ad un marito e a dei figli), poi come donna, e
 qui dovremmo aprire un ampio discorso a parte su quel che vuol dire essere donna, mala-

 ta di mente e vittima prediletta di quella “umanità” maschile che esprime magnificamente   Non hanno più nemmeno un nome i matti, i diversi, sono soltanto un numero senza identi-

 quella oscurità della mente che non finisce in modo preventivo in nessuna struttura di con-  tà, senza anima, e questo potrebbe portarci a ricordare altri nefasti luoghi dove l'umanità ha
 tenimento, perché ha il volto del “normale” padre, fidanzato, marito, compagno. Ed infine   rimosso ogni sua radice, i campi di concentramento nazista. Certo in quei non luoghi lì, av-

 come paziente psichiatrico, “La pazza della porta accanto”, come ella stessa si definisce, lei che   veniva l'affermazione della follia come costante normalità di un certo agire dell'essere uma-

 tra ricoveri e dimissioni resta internata dal 1964 al 1972 nel manicomio Paolo Pini di Mila-  no, di un certo agire di colui che poi toglie la divisa da macellatore ed indossa l'abito buono
 no, rinchiusa per volere del marito, il facoltoso panettiere Ettore Carniti sposato nel 1953,   del rispettabile padre di famiglia, che nega l'individualità del diverso per proteggere l'ordine

 e da questa dolorosissima esperienza tira fuori forse la sua opera migliore, “La Terra Santa”   sociale costituito.

 pubblicata nel 1984 dall'editore Vanni Scheiwiller. La testimonianza di quanto vissuto in ma-  La pazzia destabilizza e fa paura, e non possiamo correre il rischio di essere assorbiti nel suo
 nicomio, sia personalmente che dagli altri pazienti, viene definita dalla Merini come l'assoluta   vortice, ove tentassimo di comprendere quel che gli altri, i diversi, vedono meglio di coloro

 inadeguatezza della cosiddetta società civile a maneggiare una materia così delicata con la   che si intestano la divisa da saggi.

 competenza di persone del tutto impreparate o peggio ancora in mala fede, pronte a scarica-  E allora “il dottore agguerrito nella notte arriva per tranciare il filo di quella visione diversa della vita”.
 re i più bassi istinti sulle fragilità dell'essere, su coloro che venivano sommariamente giudicati   Sotto a chi tocca dunque, si tratta di nullità fatta a pezzi, in ogni piccolo quotidiano gesto,

 ed espulsi dalla parte vigliaccamente sana, per essere poi, in conclusione di quella “via cru-  così da stiparla meglio nella sua sofferenza. Per il resto della buona umanità, c'è una parola

 cis” laica, gettati nella prigione manicomio a scontare la pena. Una pena fatta di elettroshock,   che le assomiglia: indifferenza.
 una pena di abusi ed umiliazioni corporali, con tanto di preparazione ed anticamera a base di

 morfina e curaro per impedire agli arti di agitarsi troppo durante la scarica elettrica (testimo-

 nianza diretta della poetessa stessa), “e l'attesa angosciosa coi pianti e l'urina fatta per terra”.
 Se solo considerassimo quanto vicine e costanti sono le oscurità della mente per tutti quanti

 noi, con molta e molta più cautela infliggeremmo al malato di mente quel rifiuto composto

 da un insieme di pena e vergogna, se solo potessimo misurare la distanza delle menti sane da
 quella oscurità, ci accorgeremmo della sottile linea invisibile che ci lega.






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