Page 27 - RIVISTA NOIQUI FEBBRAIO 2024
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gabriella Fortuna




 La scuola, presidio di formazione,



 spesso si trasforma in una bomba


 pronta a scoppiare






     Il sistema scolastico, messo in discussione dai recenti avvenimenti, sta attraversando pare,

 ormai da qualche anno, un periodo di crisi, dove al centro dell’apprendimento non c’è più
 il fattore educativo/formativo del ragazzo, piuttosto una mancata e fruttifera relazione tra

 docente e discente e anche una cattiva comunicazione tra insegnanti e genitori. Ma cosa

 succede dentro l’aula di scuola?

     Quali dinamiche oscure fanno scatenare l’ira di allievi e familiari connessi, offesi per
 un’insufficienza o per un rimprovero. A farne le spese sono gli insegnanti che in tutte le città

 d’Italia, e pare ci sia un costante incremento, subiscono le aggressioni di giovani rabbiosi,

 supponenti e negletti sempre più soli con le loro impetuosità, con i loro legittimi dubbi,
 con la loro fragilità. Le aggressioni, o in classe o fuori la scuola, arrivano all’improvviso. È il

 caso dell’insegnante di un Istituto di Reggio Calabria che aveva convocato il genitore a causa

 della condotta scolastica del figlio. Ebbene, il colloquio è finito con minacce e lesioni e il
 povero insegnante all’ospedale. Questo purtroppo non è un caso unico. Sempre più spesso si

 verificano a scuola episodi di bullismo e di violenza verbale e fisica, fin dalla scuola Primaria

 e questo fa pensare che questi giovani arrabbiati hanno delle mancanze educative che non
 sono state risolte dalla famiglia che vede sempre più l’assenza dei genitori.




     La scuola ha fallito? “Educa i bambini e non sarà necessario punire gli uomini”, chiosava Pitagora.

 Massima altamente opinabile.
     I più importanti presidi educativi sono due: la famiglia e la scuola. In una civiltà democratica

 e globalizzata questi due sistemi devono collaborare e interagire perché entrambi hanno un

 unico obiettivo, formare il futuro cittadino capace di un pensiero critico e divergente. Ma
 la realtà è tutt’altra. La famiglia è assente. Il genitore tende a difendere a spron battuto il

 figlio, anche di fronte a gravi insufficienze o a cattivi comportamenti, additando sempre il

 docente a una cattiva valutazione, scatenando in tal modo, reazioni inappropriate e prive

 di fondamento. La scuola, da sola,  non  può assumersi l’onere di  sostituire la famiglia e,
 diciamola tutta, la famiglia ha perso la centralità della paidea. Coloro che devono esercitare

 la patria potestà non sanno trasmettere quei valori, quei fermi principi, quelle regole ferree

 necessarie per una crescita armoniosa. E l’insegnante? Questo stoico è lasciato solo dentro
 una “gabbia” a districarsi con i propri allievi, ognuno con una storia personale e deve

 inventare diuturnamente strategie idonee e tecniche mirate, perché la soluzione non è scritta

 in alcun libro. Tra famiglia e scuola dovrebbero esserci dialoghi e confronti costruttivi, con
 un miglioramento delle interazioni, e invece spesso non è così.

     Ci si trova davanti a un’aporia, le cui risposte forse, sono da trovarsi nella misera condizione

 umana, sempre acquiescente ed eleatica verso i bisogni altrui. Comunque, bisogna finirla
 con la pedagogia spicciola. Le regole ci sono e

 devono essere rispettate così nel magistero, come

 nella società. All’insegnante bisogna ridare il ruolo

 dell’autorità e  dell’autorevolezza  perché  la  scuola
 non è un’istituzione socio/assistenziale, ma luogo

 di studio e formazione.

 Eventus docet



 Gabriella Fortuna




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