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THOMAS MUGNANO
LA STORIA DEL TEATRO NAPOLETANO
Il teatro napoletano non ha, fino al Cinquecento, una storia scritta, pur risalendo a tem-
po immemorabile le farse degli istrioni nelle piazze e nelle taverne. La prima data certa
è il 1514, quando Antonio Caracciolo fece rappresentare la “Farsa de lo Cito” alla corte
aragonese.
Pressappoco contemporanee sono le cosiddette ''farse cavaiole'' (probabilmente d'origi-
ne salernitana), che vennero raccolte e rielaborate verso la fine del secolo da Vincenzo
Braca.
Nel periodo del millecinquecento si formò la prima compagnia di comici dell'arte napo-
letani e solo un secolo dopo (1632) comparve per la prima volta in un documento scritto
la maschera di Pulcinella (interpretata da Silvio Fiorillo, famoso anche come Capitan Ma-
tamoros), secondo Zanni che inizialmente fu meno importante di Coviello e che ebbe
numerosi concorrenti nella stessa area napoletana.
Sono del Seicento anche le commedie erudite di Giambattista Della Porta, fitte di per-
sonaggi che si esprimono in vernacolo, e 'La nascita del verbo umanato' di Andrea Per-
rucci, una pastorale sacra rappresentata in occasione del Natale col titolo 'La cantata dei
pastori', in cui alcuni personaggi si esprimono in napoletano.
Il secolo d'oro del teatro napoletano fu però il Settecento, con i librettisti che inven-
tarono l'opera buffa, inizialmente in dialetto poi in lingua; con un notevole comme-
diografo, Pietro Trinchera, autore di 'La gnoccolara' e di 'La monaca fauzza'; con
i popolarissimi copioni di Francesco Cerlone e, soprattutto, con l'apertura (1770)
del nuovo teatro San Carlino che per 114 anni fu al centro della scena c i t t a d i -
na.
Qui dominò Pulcinella, reimportato da Roma
e divenuto la tipica maschera napoletana, e qui
ebbe inizio la tradizione degli autori-attori che
caratterizzò questo teatro per oltre due secoli:
la dinastia dei Cammarano e poi Pasquale Al-
tavilla, Salvatore Petito e, più grande di tutti,
suo figlio Antonio, creatori di farse che fini-
rono man mano per assumere significati più
profondi e per diventare espressione delle
espressioni partenopee.
Antonio Petito morì nel 1876 e nei favori del
pubblico gli succedette un altro attore-autore,
Eduardo Scarpetta, che adattò ai gusti e al lin-
guaggio della piccola borghesia locale farse e
'vaudevilles' francesi (ma firmò almeno un te-
sto originale, 'Miseria e nobiltà', tutt'altro che
trascurabile) accentrandoli sul personaggio di
Don Felice Sciosciammocca già utilizzato da
Petito.
Thomas Mugnano
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periodico mensile del gruppo NOIQUI