Page 8 - RIVISTA NOIQUI OTTOBRE 2023
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dei tempi, pervaso da un fascino di grande poesia, complesso e per molti aspetti ancora avvolto
nel mistero, così come il suo autore. Poco si sa, infatti, dello stesso Giobbe che sicuramente non
LA TEOLOGIA DELLA MALEDIZIONE E IL GRIDO era un ebreo, ma forse uno sceicco in una città sconosciuta chiamata UZ, che alcuni studiosi
DI GIOBBE collocano nel sud della Giordania. Giobbe è proprietario di molti beni materiali, ha una bella
famiglia ed è un uomo buono, retto e felice, del tutto alieno dal male. Un giorno il Satana, anco-
ra non identificabile col diavolo, si presentò al Signore insinuandogli il dubbio che la fede degli
Il principio di causa effetto stabilisce una correlazione tra due fenomeni per cui il secondo, uomini non sia un atto d’amore puro, ma un comportamento interessato per avere in cambio
l’effetto, è determinato dal primo, la causa. In base ad esso tutto ciò che avviene nella realtà è dei vantaggi. Per dirimere questo dubbio Dio accetta la sfida e concede al Satana di mettere alla
governato dal rapporto di causalità e sembrerebbe non potere essere altrimenti, poiché è una prova la fede di Giobbe, privandolo progressivamente di tutte le sue ricchezze, dei suoi affetti
necessità oggettiva. Tuttavia, secondo altri, tale principio non ha una sua realtà ontologica, con la morte dei figli, della salute con le piaghe della lebbra, fino a ridurlo “nudo e rasato nella
ma è un criterio generale inventato dall’uomo allo scopo di ordinare la conoscenza del reale. polvere e nella cenere”. Davanti alla perdita di tutto Giobbe grida a Dio la domanda che tutta
Comunque, indipendentemente dal fatto che tale rapporto sia o meno nella struttura della l’umanità ha sempre posto “Perché tutto ciò? Perché io, che ho sempre agito bene, sono colpito
realtà, la nostra mente è comunque organizzata secondo questo principio di consequenziali- da tante disgrazie?” La teologia ufficiale col suo dogmatismo formale, espressa nella persona di
tà e va sempre a cercare negli eventi una causa. È la stessa esistenza dell’universo che porta tre suoi amici, gli ricorda che il dolore e la sofferenza sono la conseguenza di azioni malvagie,
l’uomo a postulare una causa primaria, cioè un Creatore, dal che la nascita di tutte le religioni la malattia è il segno del peccato e lo invita a cercare nel suo passato dei comportamenti che
positive. Ciò avviene pur nell’impossibilità di comprendere il significato e la ragione di esi- hanno offeso Dio il quale, appunto, non può permettere il male dell’innocente. È questo il pa-
stere della realtà e dell’universo. Quindi si tratta di una causa il cui effetto è apparentemente radigma della Teologia della maledizione, il teorema della legge mosaica che nemmeno Dio può
privo di senso. Il tempo e lo spazio sono gli operatori di questo criterio mentale che ci porta smentire. Pertanto, Giobbe deve pentirsi e chiedere perdono al Signore. Ma egli respinge questa
ad attribuire una causa a ogni singolo evento della quotidianità secondo lo schema “avviene concezione retributiva e l’invito dei suoi amici che, alla fine, giudica “medici del nulla”. Egli,
il fatto X perché c’è la causa Y”. Tuttavia, la fisica relativistica e la quantistica, pur da diversi infatti, non sa di che cosa deve pentirsi e si rivolge direttamente a Dio in termini chiaramente
punti di vista, hanno dimostrato come quella del tempo e dello spazio siano dimensioni re- accusatori perché Lui gli dia una spiegazione del dolore incolpevole, una risposta che Giobbe
lative legate a diverse costanti. Così, per esempio, superando la velocità della luce in teoria pretende. E Dio rispetta questa richiesta dell’uomo e appare sulla scena con l’onnipotenza del
si avrebbe un’inversione del rapporto causa - effetto. Ciò accrediterebbe l’ipotesi che tale creatore dell’universo e gli dice che gli amici sbagliano. La concezione di una giustizia retributi-
nesso esiste solo nella dimensione ristretta della nostra realtà e del nostro punto di vista. va è quindi falsa e semplicistica poiché le cose sono molto più complesse e incomprensibili per
Allo stesso modo è organizzato il sistema della giustizia umana per cui, ogni reato, compor- l’uomo. In questo incontro con Dio Giobbe non ha una risposta al perché del male, ma ritrova
ta una punizione che è proporzionale alla sua gravità. Questo modo di pensare, rapportato la voce rassicurante della fede che non può essere spiegata dalla ragione o dalla presunzione del-
alla giustizia divina, spinge a interpretare il dolore come la normale conseguenza del peccato la teologia. Il messaggio del libro sta nel fatto che l’uomo non può capire il segreto intangibile
secondo la legge per cui chi fa il male avrà il male e chi fa il bene avrà il bene. Questa con- della creazione e quindi il senso del dolore, neanche di quello innocente, ma gli basta sapere che
cezione retributiva e razionale della giustizia pervade molti libri della Torà. Così nella Bibbia esso è connaturato al funzionamento della vita, senza un rapporto di causa-effetto e la presenza
il peccato di Adamo ed Eva è punito con la cacciata dal paradiso e proietta la sua ombra su di Dio nella fede, la sua “visione”, lo rende accettabile.
tutta la discendenza per cui l’umanità ha l’esperienza del dolore e della morte ed ogni uomo
nasce già colpevole. Analogamente la lussuria di Sodoma e Gomorra suscita l’ira di Dio che
distrugge le due città, la malvagità del genere umano è punita col diluvio universale. Ancora
oggi questa concezione del dolore, come espiazione del peccato, è presente anche nel pen-
siero cristiano in base a quella che viene chiamata Teologia della maledizione. Ciò perché
la mente umana ha bisogno di certezze e di princìpi logici per cui “tutto ciò che è reale è
razionale “(Hegel). Tale necessità di una giustificazione dell’evento negativo è stata appro-
fondita in tutti i suoi aspetti da Leon Festinger nel suo libro sulla Dissonanza Cognitiva e ci
spiega perché, ad esempio, il condannato a morte innocente cerca nel suo passato dei com-
portamenti malvagi che possano in qualche modo rendere ragione della pena. Tuttavia, se si
rimane ristretti in questa logica, risulta difficile dare una spiegazione a molte espressioni di
dolore innocente come, ad esempio, l’handicap infantile e le malattie genetiche che sono pre-
senti già nella vita fetale. Nel tentativo di dare un inquadramento razionale e consequenziale
al dolore, evidentemente incolpevole dei bambini, un certo terrapiattismo religioso arrivò
all’assurdo di far discendere ciascun tipo di malattia da una determinata posizione erogena
dei genitori all’atto del concepimento o dal peccato della madre durante la gravidanza. Appa-
re anche difficile capire come la malvagità sia così diffusa nel genere umano e molto spesso
impunita. A proposito di ciò si chiede Pirandello: “se la natura è ingiusta non è una grande
ingiustizia la giustizia?”.
Contro questa visione consequenziale del dolore, che pervade gran parte delle sacre Scrittu-
re, si alza la voce o, meglio, il grido di Giobbe in un libro che affonda le sue origini nella notte
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