Page 107 - RIVISTA NOIQUI GIUGNO 2021
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                  sa che sia i greci, prima, poi i romani e successivamente gli arabi seguirono la tradizio-
                  ne di rendere omaggio alla Sfinge perpetuando l'idea che fosse opera degli dei. Non
                  venne ritrovato altro nonostante siano state rinvenute immagini in cui la Sfinge viene
                  rappresentata con una statua, o secondo alcuni, una colonna situata di fronte al petto.
                  Si pensa che durante i lavori di restauro intrapresi da Thutmose IV, come narra la Stele
                  del Sogno, oltre a disseppellire la statua dalla sabbia ed a sostituire i blocchi caduti a
                  causa dell'erosione, il faraone fece dipingere di rosso la Sfinge e collocò una statua di
                  suo padre, Amenhotep II, tra le zampe del monumento. Secondo quanto riportato su
                  di una stele, opera dello scriba Mentu-Hor, è possibile che ci fosse veramente una sta-
                  tua oggi ormai ridotta ad una protuberanza tra le gambe della Sfinge. Il disegno della
                  Sfinge sulla stele di Mentu-Hor è molto insolito per l'arte egizia denunciando la ricerca
                  di un effetto più che naturalistico, da notare l'evidente collare intorno al collo. Sullo
                  sfondo sono visibili due piramidi rappresentate in modo altrettanto audace. La Stele
                  del Sogno di Thutmosi IV, oltre che per il testo che riporta, presenta un altro mistero
                  che si aggiunge ai molti che riguardano la Sfinge. Sulla stele sono rappresentate non
                  una ma due Sfingi. Due Sfingi in posizione opposta, una guarda a levante mentre l'altra
                  a ponente. Ma se la Sfinge è una sola, per quale ragione Thutmosi IV ne fece scolpire
                  due? A questo proposito sono state avanzate numerose ipotesi, secondo alcuni studio-
                  si potrebbe esistere una seconda Grande Sfinge sepolta alle spalle della prima, magari
                  più danneggiata e sicuramente priva della testa che sarebbe altrimenti visibile. Tutte
                  queste teorie, da alcuni classificate come fantarcheologia, sono fortemente osteggiate
                  dall'archeologia accademica che però non è in grado di spiegare in modo convincente
                  perché la stele ne rappresenti due. Oltre a molti scrittori e ricercatori alternativi (come
                  Robert Bauval e Graham Hancock, ecc.), anche l'egittologo egiziano Bassam El Sham-
                  maa sostiene da anni che la stele di Thutmosi IV rappresenti quella che doveva essere
                  la realtà in passato, cioè che le sfingi erano non una, ma due. El Shammaa ritiene che
                  una sfinge sola rappresenti un’anomalia, infatti nella tradizione egizia le Sfingi sono
                  sempre due a rappresentare Shu e Tefnut, figli di Atum, il dio sole, di solito raffigurati
                  come un leone ed una leonessa. Così, infatti, le due creature mitologiche sono rappre-
                  sentate contrapposte sulla Stele del Sogno. In una sua intervista al giornale egiziano in
                  lingua inglese Daily News, l'archeologo El Shammaa ha dichiarato che secondo lui la
                  sfinge che rappresentava Tefnut venne distrutta da un evento naturale, forse un ful-
                  mine, il fatto colpì a tal punto l'immaginario collettivo che i sacerdoti, per giustificare
                  l'evento di fronte al popolo e placare lo sgomento, spiegarono che Tefnut fosse stata
                  maledetta. Non di rado succede che nella mitologia un dio maggiore condanni un dio
                  minore. Un'altra ipotesi suggerisce che la seconda sfinge sarebbe andata distrutta già
                  nell'antichità ma, sotto tonnellate di sabbia e roccia, contrapposta alla Sfinge esistente,
                  si troverebbero i resti della gemella. A sostegno di questa tesi ci sarebbe un'immagine
                  ripresa dallo spazio e diffusa dalla NASA. L'archeologo Michael Poe sostiene che si
                  trattò di una grande inondazione del Nilo a radere al suolo la seconda sfinge, l'opera
                  venne poi completata dagli arabi per costruire i loro villaggi. A suo avviso, la distru-
                  zione risalirebbe ad epoche più recenti, tra il 1000 e il 1200 d.C. Chissà se un giorno si
                  riuscirà a conoscere la verità? Una cosa è certa, i monumenti di Giza che non presenta-
                  no alcuna traccia di iscrizioni, sicuramente dovettero già rappresentare un enigma per
                  gli egizi vissuti dopo l'Antico Regno. Nel prossimo articolo esamineremo altri misteri,
                  non è finità qui...



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