Page 55 - RIVISTA NOIQUI AGOSTO 2022
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CAROLA CEsTARI annA LIsA MInuTILLO
ICARO IMPARARE DAI FIORI DI CAMPO
Toccò la carta argentata, così liscia sotto i polpastrelli da sembrare un Ci sono parole che restano lì, sospese sul filo della superficialità, dell'indecisione, del facile giudizio e della poca propen-
sione all'ascolto.
velo. Poi il fiocco, grande e colorato. Cercò di aprirlo ma il nodo fece
Altre invece giungono a destinazione, qualcuna con la giusta interpretazione, altre con la soggettiva e comoda attenzione.
resistenza. Sospirò, mentre si guardava intorno in cerca di un paio di Ci sono parole che si smarriscono lungo il percorso e magari a ben guardare a volte è meglio sia così.
forbici. La sua trepidante attesa si stava prolungando, ma in fondo, Parole che si occupano di violenza gratuita, di mari di odio che non hanno spiegazione se non quella dei fallimenti indi-
viduali che finiscono per sfociare nell'unico sistema a disposizione.
ciò la rendeva ancora più attraente. Finalmente ebbe ragione della Ci sono parole di denuncia per fatti di cronaca pesanti, dimenticati volutamente, mai approfonditi per non metterci in
contatto con l'abisso in cui stiamo sprofondando sempre più.
confezione esterna e scartò il regalo lentamente, pregando in cuor
Parole che accompagnano giorni di dolore, dove ci sono “vittime del mare", di "incendi provocati", di "lavoro rubato "e
suo che fosse ciò che aveva tanto desiderato. mai più ritrovato, di "povertà" a cui si viene inconsapevolmente destinati.
Poté in effetti ammirare il suo nuovo compagno d’avventure: un pic- Parole in cui alcuni si identificano, altri "sberleffano", altri ancora ignorano per non intaccare la "bella vita" che a scapito
di altri conducono.
colo drone grigio, della grandezza di una banconota, telecomanda- Parole di "fuoco" che ardono solo della pochezza che contengono, quelle destinate a chi ha un credo religioso differente
dal "nostro", a chi ha un orientamento sessuale che non "rispetta gli standard", di cui tanto si parla ma ancora ostico da
bile a distanza. Si adoperò con attenzione per il montaggio, mentre i "digerire ed accettare".
suoi occhi attenti ne ammiravano la forma aereodinamica e le piccole Come dimenticare poi le "gratuite offese" a "quei terroni" che pensano solo a mangiare e a non lavorare?
pale pronte al volo. “Ti chiamerò Icaro” disse, come se l’oggetto ina- Salvo poi andare a riempire quei paesaggi che li ospitano nei mesi estivi, di sporcizia, di mancanza di rispetto, di degrado
che supera le sfumature pessime di alcune espressioni.
nimato potesse prendere vita con l’attribuzione di un nome. Come Parole di "sfida" quelle usate nelle campagne elettorali mai terminate, parole di "saccenza" quando spesso non si conosce
neanche la realtà che ci circonda, parole che hanno il "bel suono della condivisione", ma che si perdono nell'egoismo
se parlargli, lo trasformasse in un essere vivente. più totale, parole di cristianità, travestita da "identificazione" per innalzare altri muri, che sovrastano "crocifissi di pace",
Lo fece partire con delicatezza, con un gesto contenuto e solenne, quasi fosse il varo di una nave. Icaro sorvolò la casa, quando non si perde occasione per dimostrare di essere "pessimi cristiani", così, come se bastasse un crocifisso a fare
guidato dal minuscolo joystick: vibravano in aria le veloci ali, mentre la telecamera inquadrava l’intero edificio e il cortile, di noi delle persone migliori.
Valzer di pesanti idiozie, su carta, a voce, nella rete, ovunque si possa "competere", indirettamente, pochi, rari quelli che
ruotando su se stessa come un caleidoscopio. Lentamente, lo fece abbassare verso il suolo per assaporare ogni singolo ci "mettono la faccia", quelli con cui ci si possa confrontare serenamente.
E' lo sport nazionale, l'ultima novità dell'anno, oppure quella più vecchia dello stesso mondo ma elargita e propinata
metro di quella distanza tra cielo e terra, tra ciò che gli era sconosciuto e quanto invece, gli era familiare e certo. attraverso sistemi tecnologicamente avanzati, ma con gli avanzi di quel po' di cervello che ancora rimane.
Lo fece planare lungo le siepi, similmente a un vento di tramontana e all’esterno del primo piano, ombreggiato dalla Brasati dalla tuttologia, esperti di look e tendenze ma anche di politica e sociologia, alla ricerca di assensi e consensi e non
grande tenda a strisce colorate. Vicino al vecchio acero sottile, sotto la cui ombra aveva trascorso alcuni sonnolenti po- importa come e nemmeno perché, importa prendere in giro, sfoggiare, mettersi in vetrina per poi ridere di chi, nella vita
reale è ben distante dal proporsi o dall'esprimersi proprio per la non avvenenza, o per la "scarsa" preparazione, magari.
meriggi estivi e tra le sedie del gazebo, rovesciate e in disordine. Tutti quegli oggetti erano conosciuti, ma ora apparivano Ma, nulla, siamo diventati così: "ospiti" di questo circo dell'etere, in bilico tra le emozioni reali ed il timore di esprimerle,
speculari di un mondo in cui si fa sempre più fatica a domandare all'altro : "come stai"?, salvo poi diventare attenti osser-
sotto una diversa prospettiva: poteva osservarli dall’alto, di lato o dal basso, come scoprì facendo volare rasoterra il pic- vatori dei movimenti social, ma anche questo solo quando fa comodo, quando c'è un indice da puntare, quando si ritiene
colo drone, in modo che persino i fili d’erba sembrassero palme animate da formiche giganti. Non trascurò il cancello di essere talmente "importanti" da interpretare le considerazioni altrui rivolte al proprio indirizzo, senza mai fermarsi a
d’ingresso, di legno e ferro, guerriero silenzioso che proteggeva dagli sguardi esterni. pensare che la vita, quella reale, si vive fuori da qui, che ognuno usa il "mezzo" come vuole, che non ci deve forzatamente
sempre essere un destinatario.
Adorava quei nuovi occhi che Icaro gli regalava: tutto quel mondo già gli apparteneva da tempo ma non era stato finora Parole che dovrebbero accarezzare pensieri, trasformate in armi, che mietono silenziose vittime.
cosciente della sua vastità. Si rendeva conto della quantità di particolari diversi, dei colori e delle forme sconosciute che Sistemi che stancano, che annoiano, che diventano liquame di rancori e culle di ostentazioni, non richieste, mal odoranti,
lontane da ciò che siamo per lasciare spazio a ciò che invece bisogna far vedere.
gli oggetti assumevano quando venivano osservati da punti di vista diversi. Guardare in questo modo toglieva ogni pre- Pochi i saluti sinceri, le preoccupazioni reali, si "inciampa" in qualche doloroso post per "scoprire" che quell'amico/a non
concetto: il piccolo cardo selvatico cresciuto nel prato, aveva un fascino equiparabile ai superbi fiori coltivati nell’aiuola, c'è più, meteore che non brillano in un mondo buio a cui hanno spento la luce.
Poi cammini, e lo sguardo ti "cade" sui fiori di campo, proprio loro, quelli semplici, imperfettamente perfetti e differenti
se visto da vicino. Così la banale sedia di plastica, con le sparse macchie di ruggine, sembrava un dipinto di Jackson Pol- gli uni dagli altri.
lock e persino le zolle di terra ed erba, smosse da una talpa, richiamavano le forme dei Gran Canyon americani. Il suo Ognuno con la sua struttura, ognuno con il suo colore, ognuno con quei petali sottili, che si muovono al solo passaggio.
Li guardi e comprendi quanto nella diversità stia l'armonia del mondo, quanto nel loro nascere spontaneo, sia racchiuso il
piccolo mondo gli sembrò improvvisamente più interessante. poter scegliere dove portare colore, quanto cose apparentemente piccole siano in grado di regalare ad un anonimo prato
Non diversamente dagli esseri umani, pensò, mentre appoggiava il joystick in grembo per spingere la sedia a rotelle. . la bellezza.
Ecco, magari se imparassimo dai fiori di campo, ad essere se stessi pur facendo parte di una comunità, se imparassimo da
loro a non escludere anche chi magari ha meno colori di noi, se lo circondassimo con la presenza reale e con la disponi-
bilità piuttosto che additarlo isolandolo, se imparassimo a distinguere i differenti profumi, tutti utili affinché tuffandosi in
mezzo a loro si respiri quel
profumato abbraccio, tutto
NEMICI sarebbe differente...
Tutto ciò che viene richie-
Lo scopo era chiaro: arrivare all’obiettivo e annientarlo. sto è essere per insegnare,
Si muoveva velocemente: sapeva che la lotta sarebbe stata accesa, in un’alternanza fra la vita e la morte. imparando, ad esistere, così,
È la guerra - si disse. L’esistenza è spietata e senza tregua: una delle parti soccombe sempre. semplicemente, senza trop-
Si sentiva un ospite sgradito ma si ripeteva che non si sceglie su quale fronte del conflitto combattere, quando si segue la pe parole.
propria natura. Sarebbe decisamente me-
“Chi sei?” gli chiese l’uomo. “Sono Cancro, il tuo nemico”. glio se queste inutili e stan-
Avvertì l’odore della paura, mentre l’uomo iniziava a piangere e inveire. Lo scrutò annaspare, cercando la fede nei meandri canti sfide si decidesse di
della memoria, soppesare i consigli degli amici e affidarsi alla cabala e alle stelle, ma nulla sembrava giovare. "combatterle" imparando
Cancro si sentì invincibile, ma la sensazione durò poco. dai fiori...
Improvvisamente, l’uomo alzò il capo e raddrizzò le spalle: l’adrenalina cominciò a scorrergli nelle vene, mentre la deter- ©®FOTO LIMIAN
minazione cresceva a ogni respiro e la mente riprendeva il controllo.
L’osservò decidere se arrendersi o ingaggiare battaglia. Capì che c’era dell’altro: quell’essere coltivava sogni e ideali in
un cervello complesso al quale non c’era accesso, alimentava sentimenti ed emozioni in un cuore plasmato da ricordi ed
esperienze.
Talvolta tentennava mentre il dolore lo fiaccava e la paura lo soggiogava, ma il coraggio lo sosteneva: lottava con uno
scudo di tenacia e disperazione che nulla aveva di fisico e materiale, perciò difficilmente attaccabile e sicuramente temibile.
Cancro percepì la vittoria sbriciolarsi come sabbia in una clessidra.
Avrebbe continuato a guerreggiare? Fino alla fine. Avrebbe vinto? Ne v’era più certezza.
“Ma trovare il coraggio di affrontarti” gli disse l’uomo “è già la mia vittoria.”
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