Page 132 - RIVISTA NOIQUI GIUGNO 2021
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segno di abbandono. Quella mano che le teneva gran parte dei capelli in una
                     morsa stretta, la obbligava a tenere la testa verso il basso. Si rese conto del suo
                     pianto stesso, quando scorse le goccioline che bagnavano il terreno di cemento.
                     Era in ginocchio adesso, come fosse in preghiera,  con le gambe divaricate e
                     uno di loro entrò nella sua anima con violenza. Il corpo di lei era insensibile ad
                     ogni dolore, solo la mente strillava dal terrore. Non voleva pensare alla morte,
                     immaginava la fine di questo film dove la protagonista era lei stessa. Tutte quel-
                     le mani si staccarono  dalla ragazza in un solo istante per sbatterla di nuovo a
                     terra. Serrò gli occhi per non vedere, strinse la bocca per non far uscire nessun
                     gemito, non voleva suscitare nessuna reazione peggiorativa.  Uno degli uomini
                     si adagiò pesantemente sul suo ventre e di nuovo penetrò il suo ego. Poteva
                     respirare il suo fiato, tanto che gli stava vicino, odorando il fetore. La violenza
                     non le fece perdere la conoscenza,  rimase vigile sempre. Cercava di mantenere
                     la calma, di recuperare la concentrazione, non voleva farsi catturare dalla dispe-
                     razione. L’ultimo uomo  manipolava il suo corpo come una bambola di pezza,
                     girandola e piegandola in vari modi, osando nel suo fare e offendendola con le
                     sue parole disgustose. Teneva imprigionato il mento umido di lacrime, in una
                     morsa soffocante,  quasi a toglierle l’ossigeno rimasto. Lei apri in uno spiraglio,
                     l’occhio gonfio e vide lontano l’alba.  Fissò lo sguardo in un punto dove la luce
                     spennellava di color oro. Facevano capolino il fianco delle colline che si stende-
                     vano nel panorama. Le ore erano scorse lentamente, come se il tempo le fosse
                     stato nemico. D’un tratto l’aria si fece sottile. Si allargò il sole tutt’intorno e le
                     ombre si rifugiarono sotto ad ogni cosa. Le mani
                     sparirono dal suo corpo inerte. Il corpo scompo-
                     sto rimaneva ignavo ad ogni reazione di risveglio.
                     Le gambe si mossero in un movimento millimetri-
                     co. Il berciare della gente si sentiva in lontananza,
                     perché per gli altri era un giorno di festa.


                     MARIA GRAZIA MARRUCCI




























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